Quando parliamo di estinzioni di massa, spesso crediamo che quella più importante e devastante sia stata quella che ha posto fine all’assoluto dominio dei dinosauri sulla Terra, ancora 66 milioni di anni fa; tuttavia, sebbene quest’ultima sia effettivamente la più famosa, non è stata altrettanto distruttiva.
Il primato infatti spetta ad un altro evento di estinzione, ancor più antico, ovvero quella del Permiano-Triassico, avvenuta ancora circa 250 milioni di anni fa, proprio al confine fra questi due periodi geologici.
Inquadramento temporale
Il periodo Permiano, sesto ed ultimo dei periodi in cui gli scienziati hanno suddiviso oggigiorno il Paleozoico, si estende da 299,0 a 251,0 milioni di anni fa.
Tale fase della storia della Terra, compresa fra il Carbonifero (più antico) e il Triassico (più recente) è stata di fondamentale importanza per la storia della vita. Quest'ultima, infatti, ormai da svariati milioni di anni, è stata capace di colonizzare le terre emerse, riuscendo a sviluppare ecosistemi complessi e, per certi versi, simili a quelli che possiamo sperimentare oggigiorno.
Fig. 1.1: Ricostruzione ipotetica della distribuzione delle terre emerse e dei mari/oceani durante il Permiano - Crediti: Sammy2012 (CC BY-SA 4.0) Wikipedia
I dominatori della Terra
Ogni periodo geologico porta con sé delle peculiarità intrinseche, che possono andare dal clima alla morfologia delle terre emerse; tuttavia, molto spesso, sono proprio gli animali i veri protagonisti: a tal proposito, in quel tempo vissero fra i più noti, nonché iconici animali del passato, quali: Eryops, Rhinesuchus, Diplocaulus, Gorgonops, Scutosaurus, Anteosaurus, Inostrancevia, Dimetrodon ecc...
Fig. 1.2: (A partire da in alto a sinistra, in senso orario):
Ricostruzione paleoartistica di Inostrancevia alexandri nel mentre che preda un cucciolo di Scutosaurus karpinski - Crediti: Dmitry Bogdanov (CC BY 3.0) Wikipedia.
Ricostruzione paleoartistica di Edaphosaurus pogonias - Crediti: ДиБгд (Wikipedia)
Ricostruzione paleoartistica di Weigeltisaurus jaekeli - Crediti: Scott Reid (CC BY-SA 4.0) Wikipedia
Ricostruzione paleoartistica di Diplocaulus - Crediti: Dmitry Bogdanov (CC BY 3.0) Wikipedia.
Ricostruzione paleoartistica di un Dimetrodon (sinistra) e un Eryops (destra) - Crediti: Dmitry Bogdanov (CC BY 3.0) Wikipedia.
Paleogeografia
Il fatto che l’aspetto del pianeta Terra sia sempre cambiato è divenuto, ormai da tempo, un fatto acclarato e accertato dall’intera comunità scientifica.
Come è facile pensare, dunque, anche in questo periodo così remoto della storia del pianeta blu, la disposizione delle terre emerse e dei mari/oceani era molto differente da quella attuale.
In quel tempo troneggiava il più famoso supercontinente della storia: la Pangea, territorio che comprendeva quelli che sarebbero diventati in un lontano futuro gli attuali continenti (Nord e sud America, Africa, Eurasia, Antartide e Australia).
Molto probabilmente, proprio la formazione del supercontinente Pangea avrebbe influito negativamente sul bilancio finale dell’estinzione, a causa degli sconvolgimenti che essa ha comportato.
Fig. 1.3: Ricostruzione ipotetica della Pangea, uno dei supercontinenti più famosi e importanti della storia della Terra - Fonte: Wikipedia (CC BY-SA 3.0)
La grande morìa
Terzo dei 5 grandi eventi di estinzione di massa (noti come Big Five), è da considerarsi, come detto poc’anzi, il più devastante e impattante sulla biodiversità del tempo.
Le cause dietro tale disastro, che per le sue portate viene chiamata comunemente in inglese “the great dying”, ovvero “la grande morìa”, sono state a lungo dibattute, dal momento che, come è facile immaginare, è tutto meno che una passeggiata riuscire a ricostruire eventi successi così lontani nel tempo.
Tuttavia, oggigiorno, sono state avanzate delle ipotesi che sembrerebbero spiegare la natura dietro a questo grande evento.
L'origine di tutti i mali
Come spesso accade quando si parla di estinzioni di massa, le cause non sono praticamente mai riconducibili ad un singolo evento, bensì ad un insieme, oppure ad una consequenzialità di avvenimenti, instauratisi mediante reazioni a catena.
Le teorie più accreditate affermano che l’origine di tale moria sia dovuta ad una enorme attività vulcanica iniziata proprio sul finire del Permiano, circa 250 milioni di anni fa.
Tale avvenimento, tuttavia, non interessò soltanto le aree colpite dalle eruzioni vulcaniche in questione, bensì l’intero globo, con tutta una serie di effetti domino che colpirono duramente la vita del Permiano.
L’emissione di enormi quantità di gas e polveri dai vulcani direttamente in atmosfera, portarono sicuramente tanto delle intossicazioni quanto a problemi respiratori agli animali, dovute ad esempio all’anidride solforosa (SO2), così come a piogge acide e acidificazione dei mari, i quali vennero colpiti anche da fenomeni di anossia (perdita dell’ossigeno disciolto in acqua); oppure, come nel caso dell’anidride carbonica (CO2, noto gas a effetto serra), causò un aumento delle temperature globali (tanto nelle terre emerse quanto negli oceani, in entrambi i casi si registrarono aumenti di svariati gradi centigradi), incrementando così sia l’aridità che il rischio di incendi che, a loro volta, liberavano in atmosfera ulteriori quantità di CO2, provocando così un circolo vizioso dal quale era impossibile sfuggire.
Le enormi quantità di ceneri, inoltre, ridussero la capacità fotosintetica dei vegetali, portando ad una riduzione della vegetazione e con essa un tracollo degli ecosistemi e delle catene trofiche.
In un quadro così complesso, ovviamente, tenere traccia di tutte le possibili conseguenze e di tutte le possibili ricadute sugli ecosistemi è molto difficile.
A sostegno di questa tesi, gli scienziati sarebbero riusciti persino ad individuare l’area che, in quel tempo, sarebbe stata interessata da fenomeni di tale portata.
L’area in questione è ubicata in Russia, nello specifico in Siberia, in una regione nota come Siberian Traps Large Igneous Province, o più semplicemente, trappi siberiani.
Questa provincia magmatica, una delle più grandi al mondo, con la sua attività vulcanica di fine Permiano, fu capace di ricoprire centinaia di migliaia, se non milioni di chilometri quadrati di superficie terrestre, un dato che permette di comprendere l’entità e le proporzioni di tale evento.
Sebbene quella descritta poc’anzi sia la teoria più accreditata oggigiorno, nel corso del tempo alcuni ricercatori ne hanno avanzate delle altre, che vanno dall’impatto di un asteroide sulla Terra fino ad arrivare all’influsso negativo sulla vita e sugli equilibri naturali da parte dei raggi cosmici provenienti dallo spazio.
Fig. 1.4: Fotografia raffigurante l'eruzione del Pu'u 'O'o, cratere del vulcano Kilauea, sull'isola di Hawai'i; in quel tempo, infatti, enormi eruzioni interessarono ampie aree delle terre emerse, portando a scompensi ambientali - Crediti: G.E. Ulrich, USGS, Cropping by Hike395
Fig. 1.5: Carta geografica in cui è evidenziata l'area che corrisponde ai trappi siberiani, è lampante l'enorme estensione di questa formazione - Crediti: Ciaurlec (CC BY-SA 3.0) Wikipedia
Fig. 1.6: Ricostruzione ipotetica dell'impatto di un asteroide sulle Terra, ovvero una delle teorie possibili per giustificare l'estinzione del Permiano-Triassico - Crediti: Fredrik (Wikipedia)
Sulle soglie dell'apocalisse
Come ben sappiamo, la maggior parte delle specie viventi che sono mai vissute su questo pianeta (circa il 98%), si è estinta. Una cosa è certa, questa estinzione non si è di certo prodigata per lasciarne molte in vita sulla Terra: le stime avanzate dagli scienziati circa l’entità dai danni causati da un simile evento sono sconcertanti: si calcola che oltre l'80% delle specie marine finì per estinguersi, così come il 70% di quelle terrestri, portando così alla perdita di circa il 90% di tutte le specie presenti al tempo.
A differenza delle altre estinzioni di massa, inoltre, questa fu l’unica a noi nota che interessò anche un importantissimo gruppo di esseri viventi del pianeta: gli insetti.
Questa grande moria può essere considerata un vero e proprio spartiacque nella storia della Terra, in quanto, insieme al Permiano, si concluse l’era Paleozoica: una fase della storia durata ben 289 milioni di anni circa, che ha visto nascere, fiorire e diversificarsi la vita sin dal lontano Cambriano.
Insieme ad essa, però, tante altre icone del passato passarono a miglior vita, a partire dai trilobiti, presenti sin dal Cambriano e capaci di resistere alle precedenti due estinzioni di massa, ma non solo, anche gli euripteridi (i cosiddetti scorpioni di mare), blastoidi (appartenenti al phylum Echinodermata), acantodi (classe Acanthodii) e diversi altri.
Alcuni gruppi di esseri viventi, sebbene abbiano subito un duro colpo, riuscirono a spuntarla, proseguendo così il loro percorso evolutivo, come ad esempio: ammoniti, foraminiferi, bivalvi, brachiopodi e gastropodi.
Fig. 1.7: rappresentazione schematica approssimativa del tasso di estinzione percentuale durante le varie estinzioni di massa, nello specifico dei generi marini. Una delle cose più lampanti è che una delle più impattanti sia stata proprio quella della fine del Permiano - Crediti: Rursus (CC BY-SA 3.0) Wikipedia
Fig. 1.8: (Da sinistra verso destra):
Resti fossilizzato di un euripteride (i cosiddetti "scorpioni di mare") - Crediti: H. Zell (CC BY-SA 3.0) Wikipedia
Resti fossilizzato di un trilobite - Crediti: Dwergenpaartje (CC BY-SA 3.0) Wikipedia
Fonti:
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